Taranto, il porto e la Cina

TARANTO – Il sindaco Ezio Stefàno ha incontrato ieri mattina una delegazione cinese guidata dal Primo consigliere cinese Yao Cheng e dal  Consulente del governo popolare municipale di Ruian, Xie Xiuhai. L’incontro è “servito” per approfondire alcuni temi, già oggetto di precedenti colloqui intercorsi tra l’istituzione locale e la delegazione cinese, in merito alla costituzione di “scambievoli rapporti di amicizia e cooperazione” fra le due città. Inevitabilmente si è finito con il parlare del porto di Taranto, in mano ai cinesi da anni, che il sindaco ha definito la “speranza” e la “certezza” del futuro economico della città ionica. Delle due, l’una: o è una speranza, il che non è certamente di buon auspicio, o è una certezza: per esserlo però, ci vorrebbero idee chiare e progetti seri, che al momento non ci sono. Non solo. Perché il sindaco ha tirato fuori anche il progetto del distripark, sul quale ultimamente si è iniziato a discutere, dopo dieci anni di assoluto silenzio (la società consortile “Distripark Taranto s.c.a.r.l.” fu costituita nel lontano 2002, ndr).

Il primo cittadino ha annunciato ieri come “finalmente siamo entrati in possesso dei 72 ettari di terreno dove dovranno sorgere i capannoni”. Nel gennaio 2002 infatti, furono assegnati alla Provincia di Taranto oltre 12 milioni di euro: finanziamenti utilizzati per pagare ai proprietari i terreni su cui far sorgere la struttura. Dopo la riunione dello scorso 28 dicembre presso l’assessorato regionale ai trasporti, a metà mese è in programma una nuova riunione in cui, a detta del presidente dell’Autorità Portuale Sergio Prete, si dovrebbe “blindare il progetto”. Che non si sa bene su cosa verterà, visto che a tutt’oggi non è stata elaborata nemmeno la progettazione preliminare per la sua realizzazione.

L’incontro con la delegazione cinese è inoltre servito per far affermare al primo cittadino che “il porto di Taranto non può più restare uno scalo di passaggio: le merci devono essere lavorate qui”. Oggi, infatti, lo scalo ionico funge alla semplice funzione di transhipment: il trasbordo di container da una nave all’altra. Con i lavori che dovrebbero partire quest’anno (banchina del molo, dragaggi, piastra logistica, etc.) possiamo aspirare a diventare non di più che un porto “hub” (desiderio che peraltro rincorre anche la vicina Brindisi). Ovvero un terminale di traffico oceanico che non necessita di collegamenti diretti con il sistema terrestre perché opera il trasbordo (transhipment o traffico mare-mare) dalle navi portacontainer madre alle navette feeder (in gergo portuale navi portacontainer di piccola stazza) dirette verso le varie destinazioni locali: in pratica, ciò che il porto di Taranto é già oggi, con qualche rinforzo in più. Ma che non servirebbe a rivitalizzare l’economia del nostro territorio.

Il progetto del distripark, a detta del Sindaco, dovrebbe interessare sia i cinesi che gli imprenditori locali. Ma quale privato vorrà anche solo abbozzare un progetto quando non si sa se saranno mai trovati i fondi per la realizzazione di un’opera dove realizzare quel progetto? Per non parlare dei cinesi, che al massimo potranno intervenire soltanto una volta realizzato il distripark. In pratica, si vende semplicemente fumo, continuando a non dire la verità. O, ad esser buoni, si continua a sorvolare su questioni di fondo imprescindibili per la realizzazione del distripark. Ad oggi, infatti, non esistono più le risorse economiche per la sua realizzazione. I fondi FAS (lo strumento di finanziamento del governo italiano per le aree sottoutilizzate del paese) che nella delibera CIPE (il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica che il compito di assegnare le risorse FAS) n.62 del 03/08/2011 prevedevano la destinazione di ben 35 milioni di euro alla realizzazione del distripark nel porto di Taranto, sono stati infatti “spostati” per finanziare la banchina del molo polisettoriale.

La richiesta venne avanzata dalla Regione Puglia ed avallata da Comune e Provincia lo scorso 20 giugno a Roma, giorno in cui fu firmato il famoso accordo per il rilancio del porto di Taranto. Lo scoprimmo e lo denunciammo, carte alla mano, lo scorso agosto nel silenzio generale. Il giorno dopo, l’assessore regionale ai trasporti, Gugliemo Minervini, parlò di uno spostamento di fondi provvisorio, in attesa dello sblocco dei fondi FAS. Ma dallo scorso agosto nulla è cambiato. Inoltre, quel 20 giugno a Roma, agli enti locali fu imposto di accettare lo spostamento dei soldi, altrimenti l’accordo sarebbe saltato. A denunciarlo lo scorso mese di settembre, fu lo stesso presidente della Provincia Gianni Florido: oggi, nessuno pare ricordarselo. Anzi: si fanno riunioni tecniche in Regione dove si chiede “l’aiuto di tutti” per reperire i fondi necessari alla realizzazione del distripark: peccato che le risorse finanziarie c’erano. Oggi, reperire altri 35 milioni, è praticamente impossibile.

Peraltro, come riportammo lo scorso 29 dicembre, lo scalo ionico naviga in acque tutt’altro che tranquille. Ha infatti chiuso i primi undici mesi del 2012 con la movimentazione di 32,9 milioni di tonnellate di merci, il 13,5% in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Gli sbarchi sono diminuiti del 17,6% a 19,9 milioni di tonnellate, gli imbarchi del 7,4% a 12,7 milioni di tonnellate. Le merci varie sono diminuite del 23,3% a 8,8 milioni di tonnellate, di cui 1,8 milioni containerizzate (-58,6%). La movimentazione container è crollata del 57,5% a 123.355 Teu (Unità di misura dei container, ndr). Per le merci convenzionali la flessione è stata del 2,8% a 7,1 milioni di tonnellate. Le rinfuse solide sono diminuite del 3,7% a 19,4 milioni di tonnellate, quelle liquide del 26,3% a 4,7 milioni di tonnellate. Chissà se le verità sul distripark e questi dati sono stati portati ieri alla conoscenza della delegazione cinese. Ne dubitiamo, visto che il Primo consigliere cinese Yao Cheng, alla domanda su cosa pensasse di Taranto, ha candidamente affermato quanto segue: “E’ una bella città. E si mangia molto bene”. Auguri.

G. Leone (TarantoOggi, 05.01.13)

 

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