Emergenza cozze, un dramma ancora in attesa di risposte

TARANTO – Ancora nessuna novità per i mitilicoltori del primo seno di Mar Piccolo, in attesa dei finanziamenti regionali e delle sovvenzioni del Comune. Da settimane i riflettori dei media sono concentrati sul destino dello stabilimento Ilva e dei suoi operai. Lo stesso dicasi per le istituzioni, la cui attività nonè apparsa mai così frenetica. Eppure, in questa città duramente segnata dall’inquinamento, ci sono delle vittime che rimangono spesso ai margini, quasi dimenticate. Non è un caso, però, che durante la manifestazione in difesa della salute e dell’ambiente, organizzata dal comitato “Cittadini elavoratori liberi e pensanti”, in piazza Maria Immacolata, lo scorso 17 agosto, sia salito sul palco anche Luciano Carriero, uno degli allevatori rimasti inoccupati dal giorno in cui è stata emessa lanota ordinanza della Asl che vietava la commercializzazione delle cozze del primo seno (22 luglio2011).

«Ho sentito il dovere di intervenire – spiega Carriero – volevo raccontare a tutti i tarantini il dramma che stiamo vivendo. Il disastro ambientale verificatosi nel mar Piccolo ha rappresentato un vero e proprio danno di immagine per un settore che è sempre stato il fiore all’occhiello dellacittà. Da tempo confidavamo nell’azione della Magistratura per avere giustizia. Ora, finalmente,stanno venendo fuori le responsabilità dell’inquinamento. Noi ci stiamo già muovendo con i nostri legali per chiedere il risarcimento. Chi ha rovinato il nostro bene più prezioso – l’acqua – dovrà pagare fino all’ultimo centesimo». In attesa di potersi trasferire nelle nuove aree di Mar Grande, già delimitate da apposite boe (mancherebbe solo l’ok dell’Agenzia delle Dogane), i mitilicoltori attendono con ansia le novità dalla Regione per l’erogazione dei finanziamenti previsti dal Fep (Fondo Europeo per la Pesca).  «Il 10 luglio scorso, quando c’è stato l’incontro nella sede della Regione con il sindaco Stefàno, sembrava che la mia pratica fosse a posto. Anche dal ministerodelle Politiche Agricole era arrivato l’ok. Da allora però non si è saputo più nulla. Ora sono tutti inferie – aggiunge Carriero – ma qui non c’è più tempo da perdere: è a rischio la nostra sopravvivenza. Non sappiamo più come andare avanti».Novità si attendono anche dal Comune. Il sindaco Stefàno aveva promesso uno stanziamento di 150mila euro per sostenere le famiglie deimitilicoltori che non possono accedere ai Fep per mancanza dei requisiti necessari.

«Anche ilComune deve fare presto, le nuove cooperative sono quelle che soffrono di più perché non hanno alcuna tutela – sottolinea Carriero – intanto rinnovo un appello a chi come me avrà i finanziamenti regionali: destinare il 10% delle somme percepite alle ditte escluse. Sarebbe un bel gesto di solidarietà tra colleghi che hanno vissuto lo stesso dramma»  Infine, c’è da imprimereun’accelerazione per avviare la classificazione delle acque di Mar Grande per la mitilicoltura. Soloal termine di questo iter, che avrà una durata di almeno sei mesi, si potrà sapere se le cozze cresciute nei nuovi allevamenti potranno essere vendute. «Il Centro Ittico Tarantino e il Comune,tramite il dirigente delle Attività Produttive Gaetano Paladino, stanno spingendo in questadirezione insieme alla Asl – conclude Carriero – prima di fa e meglio è. Non possiamo permetterci di perdere anche la produzione del 2013 dopo aver perso due annate consecutive».

Alessandra Congedo (Corriere del Giorno)

La testimonianza: «La nostra vita è cambiata radicalmente»

Da settimane vede il frutto del suo lavoro finire in discarica. Quasi ogni mattina riempie le sue barche di cozze contaminate per trasportarle fino alla banchina del Centro Ittico, dove sostano i mezzi dell’Amiu che dovranno consegnarle alla Cisa. Succede per il secondo anno consecutivo: un danno complessivo di oltre 100mila euro. Soltanto tre anni fa, Giovanni Nicandro aveva costituito, insieme a due fratelli, una cooperativa: la naturale evoluzione di una vita dedicata al mare, prima alle dipendenze di altri,  poi – finalmente – in autonomia. Il sogno di poter vivere di mitilicoltura, in una città da decenni vincolata alla grande industria, si è infranto il 22 luglio 2011, quando è scattato il primo divieto di prelievo e commercializzazione delle cozze del primo seno di Mar Piccolo.

A stroncare ogni speranza è stato l’altissimo livello di Pcb, sostanza altamente inquinante, riscontrato nelle analisi della Asl.«Da quel giorno la nostra vita è cambiata radicalmente – racconta Nicandro – non avendo più la possibilità di vendere il prodotto siamo stati costretti a indebitarci chiedendo aiuto a parenti e amici. Ma per quanto tempo ancora potremo continuare? Prima o poi dovremo sdebitarci. Ma in che modo?». Oltre al danno (aver perso il reddito di tre anni di fila), c’è anche la beffa di dover sostenere i costi per il trasporto delle cozze inquinate destinate allo smaltimento. «Ogni giorno devo fare una scelta: utilizzare i soldi che ho per il carburante o per sfamare la mia famiglia? –  dice con un groppo alla gola –  l’orgoglio si è sciolto nel dolore e nel senso di impotenza. E’ da due anni che non riesco a pagare il fitto di casa. Un giorno porterò al sindaco Stefàno tutte le bollette arretrate. A lui voglio domandare: quando vedremo i 150mila euro promessi dal Comune? La medicina non può arrivare quando il malato è già morto».

Anche Nicandro, come tanti suoi colleghi, ringrazia la Magistratura ionica per le indagini avviate sul fronte dell’inquinamento Ilva: «Spero che si possa fare finalmente giustizia e inchiodare i colpevoli alle loro responsabilità. Devono risarcire i tarantini per tutti i danni arrecati. Non è giusto che siano sempre le vittime a pagare». Infine, quando si parla di futuro, gli occhi si velano di altra tristezza: «Come potrò ricominciare la mia attività nelle nuove aree in  Mar Grande? Con quali soldi potrò realizzare degli impianti così costosi?». Domande, anche queste, soffocate in gola.

Alessandra Congedo (Corriere del Giorno)

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