Un colpo di Stato silenzioso – Clini, Vendola e Ferrante: la nuova triade che può salvare l’Ilva

TARANTO – Può sembrare anacronistico, ma è proprio in questi giorni di febbrili incontri e di grida “al lupo, al lupo”, che la città di Taranto rischia un nuovo silenzioso colpo di Stato per il suo futuro. Perché la storia degli uomini insegna che quando c’è da difendere un interesse comune, che tutti conoscono e riconoscono nel temine “potere”, allora magicamente scompaiono gli attriti, le diversità di vedute, gli obiettivi da raggiungere.

E ti ritrovi “amici e nemici” in un sol colpo tutti schierati dalla stessa parte per raggiungere l’obiettivo comune. Se proviamo per un attimo ad astrarci fisicamente ed emozionalmente da ciò che sta accadendo in questi giorni, ci accorgeremmo di come, all’improvviso, si sia scatenato uno tsunami mediatico-istituzionale senza che vi sia stata alcuna scossa di terremoto: è bastato annunciare l’ipotesi di un ipotetico maremoto per generare un caos senza precedenti.

Ed ancora una volta, ahinoi, dobbiamo riconoscere come chi ha il coltello dalla parte del manico in questo Paese, non è chi dovrebbe governarlo e tutelarlo, ma chi ha nelle sue mani la possibilità di cambiare per sempre il destino di migliaia di persone in un sol attimo. E’ bastato che nel giro di sei giorni si dimettessero il direttore e il presidente di uno dei gruppi industriali più potenti in Italia per far sì che, chi da sempre vive all’ombra e grazie agli interessi di questo potere, si facesse prendere dal panico più totale. Attenzione: dimissioni peraltro dovute e giunte con notevole ritardo, visto che parliamo di due dei cinque indagati che riguardano un’inchiesta partita oltre due anni fa, e di cui si conoscono gli imputati e i reati loro contestati da oltre un anno. Non solo. Perché più di qualcuno deve avere captato qualche spiffero proveniente dalla Procura se, in appena una settimana, sono stati convocati e previsti una serie di incontri che dovranno anticipare, o quanto meno reggere, l’urto delle decisioni e degli eventuali provvedimenti che prenderanno i giudici tarantini.

Ma è bastata la minaccia, il sentore che qualcosa di storico stesse per accadere, per far sì che i “nostri prodi” si riunissero in tutta fretta: politici, sindacati, enti vari legati a doppio filo da un unico grande interesse. Silenzioso colpo di Stato, dunque. Sì, perché non sarà certamente un caso se all’improvviso, una legge regionale che sarebbe dovuta approdare soltanto a settembre in Consiglio come annunciato appena pochi giorni fa (vero Cervellera e Vendola?), è diventata di colpo prioritaria, strategica, per molti salvifica per l’immediato futuro. Legge regionale peraltro causa di acredini notevoli tra l’ente Regione da una parte e Confindustria Puglia e Ilva dall’altra, che proprio in quel testo intravedeva col fumo negli occhi un atto inaccettabile, perché minava alla base il futuro di tantissime industrie e aziende locali.

La legge in questione, che noi abbiamo sin da subito criticato per la sua poca chiarezza, è quella sulle “Norme a tutela della salute, dell’ambiente e del territorio sulle emissioni industriali inquinanti per le aree pugliesi già dichiarate ad elevato rischio ambientale”. Proprio venerdì, guarda caso, il Ministro dell’Ambiente Corrado Clini ha comunicato al Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola le osservazioni tecniche alla bozza della legge antinquinamento approvata all’unanimità in quinta commissione consiliare il 23 maggio scorso. Il governatore Vendola ha assicurato il recepimento delle osservazioni ed ha quindi chiesto al Presidente del Consiglio regionale Introna, di convocare il Consiglio quanto prima, per l’esame e l’approvazione della proposta di legge emendata secondo le osservazioni del Ministro Clini. In questo modo, è praticamente scongiurato il rischio che la legge venga impugnata dal governo per ragioni di costituzionalità.

È possibile che la riunione si tenga già martedì, o al più tardi il 24. Voci di corridoio però, dicono che sabato il presidente del consiglio Introna ha chiamato sia i capigruppo sia il presidente della commissione Ambiente Donato Pentassuglia: il disegno di legge tornerà all’esame della commissione per recepire gli emendamenti concordati dal governatore col ministro dell’Ambiente Corrado Clini già oggi e approderà in Aula, con un ordine del giorno concordato da tutti i capigruppo, domani. Tutto in “regola” e in tempo, dunque, per il vertice di mercoledì a Roma, preparatorio del nuovo incontro tra il presidente della Regione e i ministeri, con i tecnici regionali che si presenteranno con la legge approvata su un tavolo dove ci sarà il riesame dell’AIA rilasciata all’Ilva. Perché quella legge regionale ècosì importante? Perché essa contiene la famosa VDS (la valutazione del danno sanitario provocato da industrie inquinanti) incentrata proprio sui danni alla salute divenuti oggetto dell’inchiesta della Procura attraverso la perizia degli epidemiologi.

Sì, perché sempre voci di corridoio dicono che proprio mercoledì la magistratura tarantina potrebbe sciogliere la “prognosi” tanto temuta: sigilli all’area a caldo e ai parchi minerali dell’Ilva, che per molti vorrebbe dire aprire le porte al blocco non solo dell’intera produzione nazionale dell’acciaio, ma anche della perdita di lavoro per almeno 18mila lavoratori, che tra azienda e indotto vivono grazie all’Ilva: il che ci pare un’ipotesi alquanto fantasiosa e al di fuori di ogni contesto storico e sociale. Ma tant’è. Che poi l’impianto siderurgico sia finito nel mirino della magistratura e dei carabinieri del NOE per disastro ambientale, sembra quasi essere un’inezia di cui nessuno pare intenzionato di tener conto.

Dunque, il disegno per il colpo di Stato è fin molto chiaro: l’azienda siderurgica cambia in sei giorni i vertici del siderurgico e del gruppo industriale, affidandone la guida all’ex prefetto Ferrante, uomo di Stato in tutti i sensi, permettendo a Governo e Regione di accelerare sulla legge regionale sino all’altro giorno avversata, così come quella sul benzo(a)pirene. In più, sul tavolo saranno messi 300 milioni di euro (200 a carico dello Stato e 100 forniti dalla Regione tramite i fondi FAS) per la bonifica del sito di interesse nazionale di Taranto, che ha ricevuto l’ok dal premier Monti lo scorso aprile all’indomani dei famosi incontri per la “Vertenza Taranto”. Tutte queste iniziative dovrebbero “convincere” la magistratura tarantina a non esser troppo “severa”, accogliendo le buone intenzioni della politica e dell’azienda in tema di tutela dell’ambiente e della salute di Taranto e dei suoi abitanti. Peccato però che in molti dimenticano che la magistratura non è addetta a vagliare le buone intenzioni della politica, né delle risorse o delle leggi che essa pensa nel giro di pochi giorni, ma soltanto a far rispettare la legge.

Peccato che ci si dimentica di come qui si deve stabilire se un’industria ha contribuito in maniera determinante ad inquinare e a far ammalare e morire non solo i suoi lavoratori, ma anche tanti, tantissimi cittadini. La politica, di contro, è invece pronta all’ennesimo colpo di spugna. Non è un caso, del resto, se si parla di bonificare un territorio in cui insistono e continueranno ad insistere fonti e sorgenti inquinanti di varia natura (Ilva, Eni, Cementir, discariche e inceneritori), ma si continua a tacere su quegli strumenti che potrebbero davvero consentirci di affrontare una questione così delicata in maniera seria e scientifica: registro tumori, mappe epidemiologiche, monitoraggio della presenza di diossine e metalli pesanti nel sangue e nel latte materno, studi sulle varie patologie dei nascituri e dei bambini. Niente di tutto questo. Per non parlare del fatto che i soldi per la bonifica, stante così le cose, le debba mettere lo Stato (Governo o Regione poco cambia) e non chi ha inquinato, con il serio rischio di veder perdere per sempre la possibilità di ottenere il risarcimento danni da parte dell’azienda siderurgica, per quanto gli compete dal ’95 ad oggi. Si pensa soltanto a tutelare un interesse “comune” che in realtà è il potere di pochissimi. “Democrazia: non essendosi potuto fare in modo che quel che è giusto fosse forte, si è fatto in modo che quel che è forte fosse giusto” (Blaise Pascal).

Gianmario Leone (dal TarantoOggi del 16 luglio 2012)

 

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