Diossina internazionale – L’incontro organizzato dal Centro Studi Ilva

TARANTO – Dopo averci edotti lo scorso 19 giugno sul tema “NIMBY & NIMTO: immobilismo o regressione?”, che per il Centro Studi Ilva è stata “l’occasione per analizzare e confrontarsi su due fenomeni strategici per il futuro del nostro Paese ed in particolare del Meridione d’Italia, sul piano economico, psicologico e sociale”, domani ci sarà la quarta “conversazione” dell’anno sul tema “Diossina e salute, le esperienze internazionali”. Il ritrovo sarà sempre lo stesso: ovvero il Relais Histò San Pietro sul Mar Piccolo. E questa volta, il Centro Studi Ilva ha deciso di fare sul serio, chiamando a raccolta degli esperti internazionali.

Questi i nomi dei relatori: dr. Suresh H. Moolgavkar, professore di Epidemiologia e Professore aggiunto di Matematica Applicata alla University of Washington in Seattle, Corporate Vice President e direttore del Centro di Epidemiologia, Biostatistica e Biologia Computazionale; dr. Donald G. Patterson, membro del Senior Biomedical Research Service nella divisione Organic Analytical Toxicology per la Salute Ambientale presso i centri per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie, Atlanta e Scienziato principale, Exponent; dr. Walter J. Shields, principale Scienziato e direttore della Practice Scienze della terra ed ambientali, Exponent, Seattle. A far da moderatore toccherà a Carlo Monti, Senior Managing Scientist, Exponent International, Basilea (CH).

Sul sito ufficiale del Centro Studi Ilva, si legge che questo quarto incontro “sarà l’occasione per continuare il confronto di idee su un tema importante, quale è la relazione tra salute e inquinamento. Rappresenta un momento di riflessione sulla interpretazione scientifica dei dati su vari contaminanti ambientali: diossine, inquinanti organici persistenti, idrocarburi policiclici aromatici, policlorobifenili, particolato”. Il bello è che, tanto per iniziare, all’incontro si potrà partecipare soltanto su invito. Il che la dice lunga sull’idea di democrazia partecipata e di condivisione che hanno al Centro Studi Ilva.

Ritrovarsi in uno dei luoghi più esclusivi di Taranto invitando esperti internazionali, dovrebbe essere un evento a cui consentire una partecipazione di massa e gratuita di tutti gli interessati all’argomento. Anche perché la “mission” che si è dato il Centro Studi Ilva è proprio quella “di offrire una molteplicità di contributi multidisciplinari ad alto contenuto scientifico, in un formato divulgabile ai più, e di diventare un autorevole punto di riferimento per le istituzioni, la comunità scientifica, i media e i cittadini sui temi dello sviluppo ecocompatibile dell’industria”. E’ difficile però raggiungere tali obiettivi se ci si chiude in ritrovi salottieri, in cui si consente l’accesso con solo invito, come se fossimo al ballo delle debuttanti di Vienna, accanto alle massime autorità aristocratiche e regie dell’intera Europa. Specie poi se si vuol convincere un intero territorio della possibilità di rendere “eco-compatibile” un’industria come l’Ilva, forse sarebbe il caso di agire in tutt’altro modo.

E pensare che è lo stesso Centro Studi Ilva a dichiarare che “tale sforzo di produzione e condivisione culturale su temi dell’eco-sostenibilità dell’industria dovrà coinvolgere tutte le parti interessate (Stakeholders) in un reciproco processo di conoscenza e consapevolezza del rapporto virtuoso che può essere creato tra grande industria e la comunità che l’accoglie”. Un rapporto virtuoso, per essere tale, ha bisogno di poggiare su delle basi solide: che si creano lentamente negli anni in primis attraverso il rispetto del territorio che ospita e non accoglie un impianto industriale inquinante delle dimensioni del siderurgico più grande d’Europa. Ma è in realtà profondamente chiaro come il Centro Studi Ilva altro non sia che una delle “invenzioni geniali” della proprietà, che negli ultimi anni cerca disperatamente e invano di ammansire e ingannare un’intera città attraverso campagne pubblicitarie informative francamente ridicole.

O con iniziative come “Porte Aperte” a cui hanno partecipato soltanto alcuni parenti degli operai e qualche cittadino divertito nell’ascoltare le “favole” pronunciate dalle varie guide, che altro non erano che ingegneri messi lì a raccontare storie oggettivamente offensive dell’intelligenza dei presenti, come ad esempio quella del prelievo dell’acqua marina da parte dell’Ilva che poi attraverso gli scarichi a mare la restituisce ancora più pulita. Ma la verità è che il Centro Studi Ilva non ha alcuna intenzione di condividere, né di creare alcun rapporto virtuoso con la città. La loro unica esigenza è quella di raccontarsi quanto sono “buoni e bravi” nell’organizzare dibattiti su salute e inquinamento, per mostrare a tutti la loro grande sensibilità su un tema così delicato. E per ricordare a tutti, ancora una volta, che sull’ambientalizzazione degli impianti è stato investito oltre un milione di euro.

Non gradiscono alcun tipo di domanda o intervento di persone che non siano prima state scelte dopo accurata selezione. E così la platea finisce per essere quella di sempre, con politici, industriali, sindacati, giornalisti e personaggi alquanto discutibili della nostra città, unici possibili “stakeholders” di un’azienda che si concede soltanto previo invito. Un atteggiamento che rappresenta lo stile che avevano gli industriali a cavallo tra ‘800 e ‘900. Anche per questo abbiamo deciso di salutare la quarta conversazione del Centro Studi Ilva con queste parole, ancora scolpite nella storia: “Sono così convinto di essere nel giusto, che se voi aveste il potere di ammazzarmi due volte ed io per due volte potessi rinascere, rivivrei per fare esattamente le cose che ho fatto. Quando le vostre ossa non saranno che polvere, i vostri nomi, le vostre istituzioni non saranno che il ricordo di un passato maledetto, i nostri nomi saranno ancora vivi nel cuore della gente” (Bartolomeo Vanzetti, Villafalletto 11 giugno 1888 – Charlestown, 23 agosto 1927).

Gianmario Leone (dal TarantoOggi del 3 luglio 2012)

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