Assennato a New York, il caso Taranto è arrivato oltreoceano

Il caso Taranto è arrivato oltreoceano. Il direttore generale di ARPA Puglia Giorgio Assennato, è stato infatti invitato dal Collegium Ramazzini (un’accademia di esperti internazionali di scienze ambientali e medicina del lavoro) a tenere una relazione su “Attribuzione a sorgente dell’inquinamento ambientale da benzene e diossine: possibile associazione con le leucemie infantili” nel corso del simposio internazionale dal titolo “Benzene, Childhood Leukemias and Hematopoietic Lymphoreticular Cancers” (Benzene, leucemia infantile e linforeticolare emopoietiche), che si è svolto il 28 giugno presso la “Mount Sinai School of Medicine” di New York.

La relazione di 52 pagine presentata a New York, inizia con una breve descrizione storica e geografica di Taranto, città dei Due Mari e capitale della Magna Grecia nel Sud Italia fondata nel 706 a.C. Al che, non osiamo immaginare cosa abbiano pensato i presenti quando la slide di pagina 2, invece di proiettare reperti e tesori archeologici, monumenti e bellezze della nostra città, mostra una piantina sconvolgente della Taranto del 2012 d.C.: una zona industriale grande almeno il doppio dell’intero centro abitato con lo stesso Assennato che la descrive come “una delle aree più inquinate d’Europa”. A renderla tale, spiega ai presenti il direttore generale di ARPA Puglia, è un complesso scenario caratterizzato da molteplici inquinanti, causati dal più grande impianto a ciclo integrato di acciaio in Europa (l’Ilva con gli oltre 10 mln di tonnellate di acciaio prodotte ogni anno), una raffineria di petrolio (l’Eni con i 6,5 ​​mln di tonnellate di petrolio greggio), un cementificio (Cementir), due centrali elettriche (l’ex Edison ora di proprietà dei Riva con il nuovo nome di Taranto Energia), due inceneritori (l’Appia Energy di Massafra e quello pubblico gestito dall’AMIU, senza dimenticare quello dell’E.Co.Di. in attesa di rilascio AIA dalla Provincia), ed infine dalla basa navale della Marina Militare.

Subito dopo, arriva forse la parte più interessante e inattesa dell’intera relazione, che viene presentata sotto il titolo di “Rivelazione del costo dell’inquinamento atmosferico provocato dagli impianti industriali in Europa”. La tabella che viene mostrata ai presenti (e che pubblichiamo in questa pagina) si trova alla slide numero 7, preceduta dalla seguente legenda: “Le stime dei costi economici dei dell’inquinamento dell’aria effetti sulla salute dovuti a impianti specifici a Taranto n.15/2011 Technical Report SEE”. Come si può notare, vengono riportate in tonnellate i vari inquinanti emessi dall’Ilva, dalle centrali termoelettriche ex Edison e dalla Raffineria Eni. Al termine della stessa, viene riportato il costo economico annuale degli effetti sulla salute dell’inquinamento dell’aria industriale di Taranto, stimato dall’Agenzia europea dell’ambiente: più di cinquecento mln di euro (vista al ribasso, perché la stima in eccesso arriva a sfondare gli 800 mln). E qui i brividi, vengono a noi. Oltre a qualche cattivo pensiero di troppo. Perché se la cifra è realmente aderente alla realtà, questo vuol dire anche un’altra cosa: che se fino ad oggi in un territorio così drammaticamente inquinato non è stato redatto un registro tumori né delle mappe epidemiologiche, evidentemente tutto questo non è convenuto soltanto alla grande industria, ma anche ai tanti interessi che gravitano nel settore medico e sanitario locale e nazionale.

La relazione di Assennato prosegue poi con una serie di slide in cui compaiono tabelle con i dati sulle emissioni delle provincie italiane, in merito all’inquinamento da diossine, PM10, NOx, IPA e benzene, tutti del 2005, in cui Taranto ovviamente “eccelle”. Ed è lo stesso Assennato a sottolineare come non vi sia “nessun rispetto delle norme di qualità dell’aria sul PM10 nella zona residenziale vicino allo stabilimento siderurgico”. Omettendo di spiegare però, che questo “nessun rispetto” è dovuto quasi totalmente alle polveri che arrivano dai parchi minerali dell’Ilva e soltanto per lo 0,02% dal traffico veicolare cittadino. E, magari, qualcuno dei presenti sarebbe sbiancato nel sapere come la proprietà del siderurgico abbia sempre rifiutato la possibilità di coprire tale area, concedendo un semplice barrieramento, che diversi studi (compresi quelli della stessa Ilva) hanno dimostrato che tale intervento ridurrà lo spolverio del 50-70%, senza però trattenere le polveri più sottili, come ad esempio lo stesso PM 10 e il PM 2,5.

Dopo di che, la relazione di Assennato passa ad analizzare uno studio sulla modellistica delle emissioni, nonché una rete di campionatori passivi, che mostrano un livello relativamente alto di benzene nell’aria (media>10 mcg/cm), in base ai dati del 2007, la cui spiegazione è la seguente: “la vicinanza della zona industriale ha suggerito che i livelli di concentrazione possono essere direttamente influenzati dai lavori industriali”. Gli studi in corso però, mostrano livelli più bassi (al di sotto dei 5 mcg/cm), entrambi stabiliti dalla rete fissa di stazioni di monitoraggio della qualità dell’aria su campionatori passivi. Dopo di che, arriva il turno della diossina. “Fiore all’occhiello” della “battaglia” ambientalista intrapresa negli ultimi quattro anni da parte delle Regione Puglia e della stessa ARPA.

Nella sua relazione infatti, Assennato mostra come i livelli di diossina nei gas di scarico presso l’impianto di sinterizzazione siano scesi da 8ng/Ncm TEQ a 0.4ng/Ncm TEQ in appena quattro anni. Senza però spiegare ai presenti che i dati strabilianti ottenuti nel 2011, siano frutto di appena quattro campagne di monitoraggio sul camino E-312 in un anno su un impianto che lavora a ciclo continuo (ovvero h24 per 365 giorni l’anno). Tuttavia, lo stesso Assennato non può esimersi dal rivelare come siano stati trovati livelli di diossine molto elevati nel fegato e nel latte di ovini e caprini delle masserie della provincia di Taranto, così come nel Mar Piccolo siano stati rilevati altissimi livelli di PCB e diossine nelle cozze e sedimenti del Mar Piccolo.

“Entrambi i prodotti lattiero-caseari e le cozze non possono essere commercializzati”: oltre 2500 capi di bestiame abbattuti negli ultimi due anni, migliaia le tonnellate di mitili andati distrutti e portati in discarica. Ai presenti però, non è stato spiegato come si spiegano livelli di diossina così bassi rilevati dal camino E-312, con l’abbattimento di migliaia di capi di bestiame. Sarebbe bastato proporre loro la perizia dei chimici, che hanno dimostrato che “i livelli di diossina e Pcb rinvenuti negli animali abbattuti e quelli accertati nei terreni circostanti l’area industriale di Taranto, siano riconducibili alle emissioni di fumi e polveri dello stabilimento Ilva”. Per il Mar Piccolo, invece, sarebbe bastato fare un semplice nome: Arsenale della Marina Militare. Anche per questi motivi, forse, lo stesso Assennato ammette nella sua relazione che “un tradizionale approccio “comando & controllo” delle agenzie ambientali non è adeguato per la gestione di scenari complessi come quello di Taranto”.

Ma visto che il titolo della relazione è “Attribuzione a sorgente dell’inquinamento ambientale da benzene e diossine: possibile associazione con le leucemie infantili”, Assennato si affida allo “studio di coorte epidemiologica effettuata nel caso penale contro l’acciaieria, che ha dimostrato un indicatore di esposizione del PM10 primario industriale associato ad esiti sanitari diversi, tra cui tumori infantili”. Nella relazione in questione, infatti, i periti fanno notare “un effetto statisticamente significativo per i ricoveri ospedalieri per cause respiratorie e un effetto al limite della significatività statistica per i tumori in età pediatrica”. Ma forse bastava proiettare le conclusioni di quella relazione per essere ancora più chiari: “L’esposizione continuata agli inquinanti dell’atmosfera emessi dall’impianto siderurgico ha causato e causa nella popolazione fenomeni degenerativi di apparati diversi dell’organismo umano che si traducono in eventi di malattia e di morte”.

Anche per questo motivo, spiega Assennato, “è stato approvato in questi giorni un finanziamento di 8 mln di euro dall’amministrazione regionale pugliese per tutelare la salute e l’ambiente della zona”: 8 milioni che a sentire le voci di questi ultimi giorni dovrebbero servire a risolvere una moltitudine di problemi. Sarà. Al termine della relazione, Assennato proietta l’ultima slide: “Ambiente e salute a Taranto: una proposta di ARPA Puglia e ASL al Dipartimento Nazionale dell’Ambiente durante il processo di IPPC”. Proposta che si divide in 5 punti: fonte di ripartizione atmosferico PM10 e PM2.5 e la sua deposizione; biomonitoraggio di IPA e di esposizione a metalli pesanti in generale popolazione di Taranto, a distanze diverse dalla zona industriale; effetti a breve termine dell’inquinamento sulla salute umana; effetti a lungo termine dell’inquinamento sulla salute umana; studio caso-controllo su linfomi non Hodgkin, i tessuti molli sarcomi e l’esposizione a PCDD / F e PCB. Ma non sono proposte che sentiamo da almeno qualche anno?

Non è un caso infatti, che gli epidemiologi Forastiere, Biggeri e Triassi, incaricati dal gip Patrizia Todisco, hanno avanzato delle loro proposte, sotto forma di raccomandazioni, decisamente diverse da quelle proposte da ARPA Puglia: “caratterizzazione della fertilità e della salute riproduttiva: questi aspetti non sono stati considerati nella presente indagine ma devono essere valutati con attenzione specie in relazione ai possibili effetti tossici degli IPA e delle diossine; migliore caratterizzazione spaziale delle sostanze emesse in diversi periodi temporali. I modelli di dispersione degli inquinanti nella realtà di Taranto devono tener conto delle modifiche storiche delle emissioni; valutazione dettagliata della storia residenziale e costruzione di indici di esposizione cumulativa; aggiornamento dei dati dei registri tumori; analisi dettagliata degli effetti sanitari, in particolare i tumori per mansione, comparto, durata e latenza”. In tutto, dieci proposte: perché non applicarle tutte per vedere l’effetto che fa?

Gianmario Leone (dal TarantoOggi del 2 luglio 2012)

 

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