Marescotti (Peacelink), relazione sulle emissioni in Mar Grande

TARANTO – In una lunga relazione Alessandro Marescotti, presidente di Peacelink, si sofferma sui dati delle autodichiarazioni INES ed E-PRTR. Riportiamo di seguito il documento fornito dall’ambientalista.

L’Ilva e le emissioni in acqua

Le fonti dei datiForniamo qui le emissioni in acqua dell’Ilva nel mare così come risultano dai registri INES ed E-PRTR.Tali emissioni inventariate nei database INES ed EPRTR costituiscono delle stime che l’azienda fornisce anno dopo anno al Ministero dell’Ambiente. I dati disponibili sono fino al 2010 in quanto quelli del 2011 sono ancora soggetti alla procedura di validazione.

I dati dal 2002 al 2006 sono stati catalogati nel registro INES (Inventario Nazionale delle Emissioni e loro Sorgenti) e sono disponibili online su questo sito: www.eper.sinanet.apat.it. Essi sono registri integrati nati nell’ambito della direttiva 96/61/CE, meglio nota come direttiva IPPC (Integrated Pollution Prevention and Control), che coinvolge i governi, le industrie e il pubblico e dà la possibilità ai cittadini di esercitare il proprio diritto di accesso ad informazioni ambientali in maniera semplice attraverso Internet.

Dal 2007 in poi questi registri sono stati sostituiti dal registro E-PRTR che ha questo sito web http://prtr.ec.europa.eu. Il Registro E-PRTR (European Pollutant Release and Transfer Register) è il nuovo registro integrato che l’Unione Europea realizzerà sulla base di quanto previsto dal recente Regolamento (CE) 166/2006 (“Regulation on of the European Parliament and of the Council concerning the establishment of a European Pollutant Release and Transfer Register and amending Council Directives 91/689/EEC and 96/61/EC”).

Il Registro E-PRTR nasce nell’ambito della Convenzione di Aarhus (Convention on Access to Information, Public partecipation in Decision-making and Access to Justice in Environmental Matters) e sostituisce il precedente Registro EPER, ampliandone i contenuti informativi che saranno sempre accessibili al pubblico. La frequenza della raccolta dati e della comunicazione dei dati alla Commissione Europea è annuale.

I dati raccolti sono disponibili al pubblico solo al termine delle procedure di validazione da parte delle autorità competenti.I dati qui riportati – va specificato – sono stime dell’Ilva stessa, comunicate tra il 2002 e il 2010 al Ministero dell’Ambiente. Le linee guida delle autodichiatazioni (http://www.eper.sinanet.apat.it/site/_files/Documentazione/DM23nov2001_All_1_Lineeguida.pdf0) stabiliscono che l’emissione di un inquinante in acqua deve essere dichiarata quando l’emissione totale del complesso IPPC dichiarante (in questo caso l’Ilva) è superiore al valore di soglia.

Questo non significa che Ilva, superando il valore di soglia fissato dal registro, abbia superato un limite di legge ma che è obbligata a dichiarare e quantificare la emissione di un determinato inquinante. In gran parte quelle dichiarate dall’Ilva sono “stime” che – lo richiedono le linee guida dei registri citati – devono essere “basate sulle migliori assunzioni o ipotesi di esperti”Le linee guida specificano: “Le emissioni in acqua sono distinte in scarichi diretti ed indiretti. Lo scarico diretto è lo scarico avviato direttamente al corpo recettore (corso d’acqua) anche dopo eventuale depurazione on-site; lo scarico indiretto è lo scarico avviato, previo trasferimento tramite fognatura, ad un impianto di depurazione off-site.

In riferimento alla tab. 1.6.3, l’emissione di un inquinante in acqua deve essere dichiarata quando l’emissione totale del complesso IPPC dichiarante è superiore al valore soglia. Per le emissioni in acqua, l’emissione totale da confrontare con il valore soglia è la somma di scarichi diretti e scarichi indiretti”.

Dati di raffronto

Altri dati di integrazione e raffronto sono presenti qui

http://www.scribd.com/doc/19603118/MONITORAGGIO-DI-MICROINQUINANTI-ORGANICI-NEI-SEDIMENTI-DELLAREA-COSTIERA-DI-TARANTO

E’ la relazione presentata il 16 giugno 2009 a Taranto nell’ambito della“Giornata di studio sulle tecniche di monitoraggio delle diossine. Aspetti tecnologici e tecnico-normativi”. E’ la relazione del dott. Nicola Cardellicchio e del dott. Luigi Lopez titolata“Il monitoraggio dei microinquinanti organici nei sedimenti dell’area costiere di Taranto”.

Emergono questi dati.

Canali di scarico (tra parentesi i dati degli idrocarburi alifatici scaricati nel Mar Grande di Taranto)

Portata dei canali di scarico in Mar Grande

100.000 m3/ora canale ILVA/1 (6 kg/ora)

45.000 m3/ora canale ILVA/2 (7,6 kg/ora)

10.000 m3/ora canale ENI (1 kg/ora)

Canali di scarico (tra parentesi i dati degli IPA scaricati nel Mar Grande di Taranto) 

Portata dei canali di scarico in Mar Grande

100.000 m3/ora canale ILVA/1 (2,28 kg/ora)

45.000 m3/ora canale ILVA/2 (1,18 kg/ora)

10.000 m3/ora canale ENI (0,005 kg/ora).

Secondo Cardellicchio e Lopez gli IPA scaricati annualmente da Ilva sarebbero 30309 kg/anno mentre Ilva ne dichiara dal 2002 al 2010 una quantità variabile da un massimo di 3441 a un minimo di 168 chili. Si legge: “In totale i reflui Ilva scaricano 3,46 kg/ora, 83 kg/giorno, 30309 gk/anno”. Il totale dichiarato da Ilva dal 2002 al 2010 al Ministero dell’ambiente ammonta invece a 18084 chili complessivi in nove anni (a fronte dei 30309 chili/anno che risultano dalla relazione di Cardellicchio/Lopez).Cosa stabilisce l’AIA. La  sentenza del Consiglio di Stato ha cioè consentito all’Ilva di ottenere la misurazione dell’inquinamento degli scarichi non nel punto di fuoriuscita più vicino agli impianti ma alla fine dei canali di scarico, precludendo la possibilità per l’Arpa di effettuare i campionamenti nei punti in cui gli inquinanti non erano diluiti.

Detto questo, se si legge con attenzione la sentenza in questione, si nota che lascia spazio ad un’inversione completa se l’AIA intervenisse in merito.Infatti vi si legge:”La Provincia, ove intenda qualificare una parte dell’impianto (nello specifico, la cokeria) come funzionalmente autonomo, è tenuta a imporre preventivamente la separazione dello specifico scarico dalle acque di raffreddamento o di lavaggio, configurandolo al contempo come “parziale” ai sensi del D. Lgs. n. 152/99 oppure fissando, in sede di autorizzazione, ulteriori e più stringenti prescrizioni tecniche ex art. 45, comma 9, all’insegna della migliore tecnologia disponibile (da descriversi esattamente e, soprattutto, da individuarsi alla stregua dei principi di proporzionalità e di precauzione)”.

Per questa ragione Altamarea ha più volte battuto su quelle “stringenti prescrizioni” contenute nella sentenza.Nel parere istruttorio della Commissione AIA del 2009 sembrava che l’obiettivo fosse stato raggiunto. A pagina 108 del Piano di Monitoraggio e di Controllo (PMC) del 2009 infatti erano individuati i punti di prelievo “a monte” (ossia prima delle diluizione) e le acque sarebbero state assoggettate alla legge (dlgs 152/2006). I parametri “prescrittivi” (ossia da non superare) riguardavano tutti gli impianti dell’Ilva e riguardavano numerosi inquinanti pericolosicome Alluminio, Arsenico, Cadmio, Cianuri, Cromo esavalente,  Mercurio, e vari metalli pesanti.Sembrava che la nostra lotta fosse andata a segno, almeno su questo punto! E invece no.

Nell’attuale parere finale della Commissione AIA-IPPC- dopo due anni di dibattiti per migliorare ulteriormente l’AIA – il risultato è stato l’esatto opposto del miglioramento.Ecco infatti il colpo di scena: quei parametri “prescrittivi” da inidividuare prima della diluizione diventano adesso solo “conoscitivi”. E così per Alluminio, Arsenico, Cadmio, Cromo esavalente,  Mercurio, e vari metalli pesanti non ci sono limiti prima della diluizione ma solo “parametri conoscitivi”.Come dire: guarda un po’ quanto Arsenico va in mare…! Ci limitiamo a misurarlo senza porre limiti, tanto poi rientrerà nei limiti grazie alla diluizione con le acque di raffreddamento.Lo scandalo doveva essere contemperato con qualche concessione.

E così rimane qualche parametro “prescrittivo” solo per i cianuri, l’azoto e i fenoli, più gli IPA. Ma solo nella cokeria. Per tutti gli altri impianti sono previsti solo parametri conoscitivi mentre nella versione precedente del Parere Istruttorio sull’AIA tutto (tranne gli IPA) era prescrittivo su tutti gli impianti. E’ un enorme passo indietro.La commissione AIA-IPPC ha argomentato questo passo indietro dicendo (p.721 del parere conclusivo) che un controllo all’origine, come chiesto dalle associazioni, “contrasta con la decisione del Consiglio di Stato”, mentre abbiamo visto che non è così. Che delusione! Vedere http://www.tarantosociale.org/tarantosociale/a/34297.html

Le domande che poniamo sono

Come mai l’Ilva di Taranto è stata autorizzata a tali quantità di emissioni in acqua?

Chi ha autorizzato conosceva l’impatto complessivo di tali inquinanti?

Chi è responsabile del danno provocato e chi è tenuto alla bonifica?

Come mai nell’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) rilasciata all’Ilva i controlli a monte dei canali di scarico sono quasi tutti “parametri conoscitivi” e non limiti vincolanti?

Come mai si continua a considerare nell’AIA come “valore limite” la concentrazione degli inquinanti dopo che gli stessi sono stati diluiti dalle acque di raffreddamento e non la concentrazione prima della diluizione?

Come mai l’AIA non prevede telecamere di osservazione continua sui canali di scarico industriali?

Quali sono i dati degli IPA dei monitoraggi effettuati e come mai c’è una così evidente discordanza fra i dati della relazione Cardellicchio/Lopez e i dati comunicati da Ilva al Ministero dell’Ambiente?

Relazione a cura di Alessandro Marescotti – Presidente di PeaceLink – www.peacelink.it

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