Ilva, le proposte di Cgil e Fiom sull’Aia

TARANTO – Meglio tardi che mai. La Cgil e la Fiom provano ad iniziare un nuovo percorso sui temi del diritto al lavoro e della salute. Provano, appunto. Perché la via maestra da seguire resta sempre quella della eco-compatibilità, ovvio. Ma quanto meno, Cgil e Fiom entrano nel merito di questioni tecniche sul come provare a raggiungere l’agognato obiettivo: un passo in avanti rispetto al passato di cui va tenuto conto. L’incontro organizzato ieri nella sede della Cgil a Taranto, ha visto protagonisti il Segretario Generale della Cgil di Taranto Gino D’Isabella e il nuovo Segretario Generale della Fiom, Donato Stefanelli. Accanto a loro, l’ingegner Domenico Capodilupo, esperto ambientale e di processi siderurgici e Vittorio Bardi responsabile siderurgia della FIOM nazionale. Un incontro che anticipa il convegno che entrambe le sigle sindacali stanno organizzando prima di andare in vacanza.

Tanti i temi trattati. A cominciare dal famoso riesame dell’AIA per l’Ilva di Taranto: processo nel quale Cgil e Fiom vogliono dire concretamente la loro. D’altronde, le due perizie del CTU nominato dalla Procura di Taranto, ha improvvisamente dato “coraggio” a chi sino all’altro giorno (istituzioni e sindacati su tutti) si diceva entusiasta dell’autorizzazione concessa lo scorso luglio al siderurgico tarantino, salutandolo come evento epocale. AIA e riesame della stessa, a cui l’Ilva ha opposto ben due ricorsi al Tar di Lecce (il primo accolto, il secondo deve ancora essere discusso): operazione che Cgil e Fiom contestano, perché atteggiamento di certo poco costruttivo e decisamente controproducente. Anche perché Cgil e Fiom sottolineano come l’istruttoria di riapertura dell’AIA, non sia soltanto dovuto alle due perizie: ma anche perché va aggiornata in base alle ultime normative europee “Conclusioni sulle migliori tecniche disponibili (BAT) per la produzione di ferro e acciaio” (adottate il 28 febbraio 2012 e pubblicate l’8 marzo 2012) oltre che le BREF – che fanno invece una analisi comparativa (benchmarking) sulle varie soluzioni tecniche per risolvere un medesimo problema – e fanno riferimento alla Direttiva 2010/75/UE del Parlamento Europeo, aggiornate a marzo 2012.

Tutto questo ha permesso di svelare, finalmente, quanto avvenuto lo scorso luglio a Roma. E lo stesso D’Isabella a dichiararlo, dopo avergli chiesto il perché ci si è decisi soltanto ora a parlare “seriamente” di AIA. Il messaggio è politico, ed è anche molto chiaro: “L’AIA concessa all’Ilva fu un compromesso”. Non del tutto riuscito se è vero come è vero che l’Ilva non ha gradito alcune delle prescrizioni di quel documento. Poi, con le perizie e le nuove direttive europee, ci si è ricordati che l’AIA è un processo che può sempre essere rivisto e corretto. E, soprattutto, ci si è accorti che non si poteva più tacere, trincerandosi dietro il proclama fine a se stesso della eco-compatibilità. E così, in attesa di essere ascoltati dalla Commissione che si occuperà del riesame dell’AIA all’Ilva ed in vista del convegno sull’ambiente, Cgil e Fiom presentano due idee sul come migliorare il documento, oltre che l’impatto ambientale del siderurgico. Il compito spetta al tecnico Capodilupo, che affronta la questione delle polveri emesse dai nastri trasportatori delle materie prime e dai parchi minerali e dei fossili. Nel primo caso è in corso l’opera di chiusura e contenimento già prevista dall’attuale AIA, di cui va verificata la tempistica.

Per quando riguarda i parchi, invece, oltre al previsto barrieramento, la possibilità di una loro copertura è tecnicamente possibile: ma l’Ilva proprio l’altro giorno ha dichiarato esattamente il contrario. In attesa che qualche oracolo esprima parere definitivo, qualcosa la si può fare: ad esempio, utilizzando i sistemi “Dry Fog Cannon”, che riescono tramite “un potente getto di una miscela aria/acqua finemente nebulizzata che crea una nube di nebbia non tossica e non nociva in grado di abbattere velocemente le particelle in sospensione”, ad abbattere polveri volatili di almeno il 70%, e in taluni casi anche oltre il 90%, in base agli ambiti di applicazione. Per quanto riguarda il PM 10 tale sistema garantirebbe un abbattimento del 50-70% delle emissioni. Ma l’Ilva ha già dichiarato come non intenda andare oltre il barrieramento.

Oltre alle cokerie, l’altro punto critico di emissioni di polveri, fumi e altre emissioni inquinati (diossine, ecc.) è l’impianto di sinterizzazione dei minerali. Capodilupo sostiene che una prima misura potrebbe essere quella di valutare la sostituzione o l’integrazione degli attuali filtri elettrostatici con filtri in tessuto (a manica), notoriamente più efficienti, tanto che le relative Bat prevedono rispettivamente 20-40 mg/Nm3 contro 1-15 mg/Nm3. Inoltre, si potrebbe anche valutare la riduzione della produzione interna di questo impianto, acquistando agglomerato sul mercato esterno, o sostituendolo eventualmente con minerale preridotto (DRI), analogamente a quanto già viene fatto nell’impianto siderurgico di Piombino. Infine, abbiamo approfittato per chiedere un parere sulla legge anti-diossina e sulla sua reale valenza scientifica. Anche Capodilupo ha convenuto che campionare quattro volte all’anno è fortemente riduttivo. Di fronte ai dati, però, il tecnico spiega che qualora non avvenisse mai durante l’anno una “variazione tecnica operativa”, potrebbero essere realistici. Il che è tutto dire.

Infine, alcuni punti fermi. Entrambi i segretari Fiom hanno categoricamente escluso che all’Ilva sia in arrivo, anche nel prossimo futuro, la cassa integrazione. Visti anche i risultati del primo trimestre della siderurgia italiana, migliori rispetto al primo del 2011. Ma Cgil e Fiom guardano con interesse alla regione tedesca della Ruhr ed alla ThyssenKrupp (che ha una capacità produttiva di 13 mil. di tonn. anno) come esempi da seguire. Anche perché, il discorso non fa una piega: qui bisogna scegliere che tipo di città vogliamo. Se dev’essere con la grande industria, allora dovremo pretendere massima qualità e totale difesa dell’ambiente, della salute, sia dei cittadini che degli operai. Cgil e Fiom hanno già scelto. Ora tocca alle Istituzioni dire una parola chiara e definitiva. Alla società civile il compito di pensare e lottare per un’alternativa economica possibile e realistica. Tutto il resto lascia il tempo che trova.

Gianmario Leone (dal TarantoOggi del 30 maggio 2012)

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