Aia e bonifiche, solo parole

TARANTO – Qualcosa ci dice che Taranto rischia seriamente di ricevere un nuovo colpo gobbo da parte delle istituzioni. I dati a dir poco allarmanti usciti fuori dalle due perizie del CTU incaricato dal GIP Patrizia Todisco della Procura di Taranto nell’ambito dell’incidente probatorio effettuato per l’inchiesta contro l’Ilva accusata, tra l’altro, anche di disastro ambientale, hanno avuto il potere di far esplodere la questione inquinamento in tutte le sue maggiori criticità, per decenni ignorate dalle istituzioni del territorio ionico.

Ad un tratto tutti parlano di riesame dell’AIA, di bonifiche e di risarcimento danni, più morale che economico. Ma in sostanza, non si é ancora visto nulla di concreto. Prendete ad esempio l’AIA: dopo essere stata concessa lo scorso 5 luglio da parte del Ministero dell’Ambiente, con buona pace delle istituzioni, dei sindacati e di Confindustria, oramai certe di essersi pulite la coscienza garantendo di fatto all’Ilva di continuare a non intervenire sulle maggiori criticità presenti all’interno dello stabilimento siderurgico, é iniziata una corsa per richiedere l’immediata apertura del riesame del procedimento, dai tratti folkloristici ancorché ridicoli, da parte di coloro i quali la scorsa estate avevano salutato il 5 luglio come un giorno “storico” per questa città.

Ma al di là delle riunioni e delle dichiarazioni d’intenti, si é visto molto poco. Ancora meno si é sentito in quanto a proposte sul dove e il come si vuole intervenire per inserire quelle prescrizioni “stranamente” ignorate nell’atto finale della concessione dell’AIA (vedi copertura dei parchi minerali). Oggi (ieri per chi legge), come se non bastasse, nell’incertezza generale si insinua a fagiolo l’azienda, che chiarisce come non solo non era presente a Roma lo scorso 30 aprile, giorno in cui si é svolta la prima riunione per il riesame dell’autorizzazione integrata ambientale, ma non é stata neppure invitata. Se voi ci capite qualcosa, avvisateci. Per non parlare poi della questione bonifiche.

Nella giornata di giovedì a Roma, sempre presso il Ministero dell’Ambiente, si é aperto l’ennesimo capitolo della conferenza decisoria relativa alle attività di manutenzione per il SIN (Sito di Interesse Nazionale) di Taranto, sia per le aree a terra (pubbliche e private) che per quelle a mare. Bene. Alla riunione hanno partecipato l’assessore regionale all’Ambiente Lorenzo Nicastro ed il dirigente del settore Antonello Antonicelli. Leggendo le dichiarazioni rilasciate da parte dell’assessore Nicastro attraverso una nota ufficiale della Regione Puglia, si legge come “il passaggio di oggi (giovedì) è uno dei pezzi del mosaico che il tavolo della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha inteso ricomporre con l’iniziativa delle scorse settimane: un passaggio fondamentale per l’individuazione delle risorse per l’area ionica. La Regione Puglia al tavolo della conferenza ha rappresentato come, in tutte le sue diramazioni e funzioni, abbia lavorato negli ultimi anni per la caratterizzazione e la bonifica del sito di Taranto.

Un lavoro che, finalmente, oggi comincia a trovare la giusta attenzione presso gli interlocutori nazionali”. Ma quali siano e a quanto ammontino queste risorse individuate, l’assessore Nicastro non lo dice. Né specifica in quale modo si é scelto di operare. Per non parlare della questione dell’inquinamento della falda. “Anche sulla delicata questione dell’inquinamento della falda superficiale nella zona di Taranto che gli studi riconducono all’attività dell’Ilva, Ministero e Regione hanno intrapreso un percorso per richiamare l’azienda al risanamento. Pur nel rispetto dell’autorità giudiziaria che s’era espressa su ricorso dell’azienda, abbiamo inteso operare in tutela della matrice ambientale del territorio oltre che della salute dei cittadini”.

Premesso che resta un mistero il perché Nicastro parli solo di falda superficiale, visto che gli studi a cui fa riferimento (come ad esempio il verbale della Conferenza Servizi Decisoria dello scorso 15 marzo 2011) esaminano anche la situazione della falda profonda, Nicastro non specifica quale sia questo percorso, quali le sue tappe, quali le prossime azioni. Né chiarisce cosa intende dire quando afferma che “abbiamo inteso operare in tutela della matrice ambientale del territorio oltre che della salute dei cittadini”. Se siete riuscite a decifrare un qualche messaggio nascosto, siete pregati di segnalarcelo. Per il resto, buon week end elettorale a tutti.

Gianmario Leone (dal TarantoOggi del 5 maggio 2012)

AIA, l’Ilva resta fuori

 “La Direzione dello Stabilimento tiene a precisare che il 23 febbraio 2012 l’Ilva ha provveduto, in conformità a quanto previsto dall’Aia, ad inviare all’autorità competente e agli enti di controllo (ISPRA e ARPA) il “Piano di attuazione di tutte le attività ed iniziative necessarie per la piena attuazione del piano di monitoraggio e controllo AIA”. Lo ha comunicato nella giornata di ieri, attraverso una nota stampa ufficiale, l’Ilva di Taranto: ma la vera sorpresa sta nel proseguo del comunicato. In cui la dirigenza del siderurgico rende noto come siano “prive di fondamento le notizie riportate dai media locali in questi giorni secondo cui l’Ilva S.p.A. avrebbe partecipato ad incontri istituzionali aventi ad oggetto il riesame dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) del proprio stabilimento di Taranto. Infatti, l’Ilva non ha partecipato a nessun incontro, né in data 30 aprile come da molti riportato né in altra data, e non è nemmeno pervenuta richiesta a partecipare ad incontri sul riesame dell’Aia”. La direzione dell’azienda ha precisato inoltre che le modalità di attuazione del piano di monitoraggio e controllo dell’Ilva “sono state oggetto di un primo esame da parte di ISPRA e ARPA in una riunione del 15 marzo. Sempre il 23 febbraio, e in anticipo rispetto alla scadenza prevista (agosto 2012) è stato presentato anche il progetto relativo alla valutazione e monitoraggio delle emissioni fuggitive nella cokeria”.

Dunque, l’Ilva non ha partecipato né è stata invitata lo scorso 30 aprile alla prima riunione svoltasi a Roma presso il Ministero dell’Ambiente. Cosa che appare alquanto strana. O, forse, molto più semplicemente, si è preferito prima fare il punto della situazione, per poi procedere con gli inviti ad personam. Ma visto che l’Ilva parla raramente, almeno in via ufficiale, l’azienda ha colto l’occasione anche per marcare un’altra precisazione, in merito al processo di gestione dei sacchi contenenti le polveri prodotte dalle linee di agglomerazione, che a detta dell’Ilva “si svolge secondo i criteri di massima sicurezza per i lavoratori e secondo i metodi più adeguati per prevenire eventuali dispersioni delle polveri stesse. L’Ilva di Taranto rimarca ancora una volta il tono allarmistico dell’ambientalismo locale che pregiudica qualsiasi credibilità delle loro accuse”. Il che può anche essere vero. Ma resta il fatto che, ancora una volta, siamo alle semplici parole e non ai fatti, né ai dati accertati scientificamente: il che vuol dire che se da un lato si grida allo scandalo anche a sproposito, dall’altro si continua a giocare ad un gioco delle tre carte, dal quale però la verità è stata saggiamente esclusa.

G.L.

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