Inquinamento “Made in Ilva”, ecco cosa dicono i periti chimici incaricati dal gip Todisco

La nostra ambizione e' quella di rafforzare significativamente la performance ambientale di Ilva e di allinearla, se non addirittura di migliorarla

TARANTO – Parole e pagine pesanti. Le conclusioni a cui giungono i periti chimici incaricati dal gip Patrizia Todisco, nell’ambito dell’inchiesta che vede indagati i vertici dell’Ilva, vanno dritte al sodo delineando il contributo del siderurgico all’inquinamento del territorio ionico. Partiamo dai quesiti a cui i periti erano tenuti a dare risposta.

Quesito n.1 – Per quanto riguarda il primo quesito concernente “se dallo stabilimento Ilva spa si diffondano gas, vapori, sostanze aeriformi e sostanze solide (polveri, ecc), contenenti sostanze pericolose per la salute dei lavoratori operanti all’interno degli impianti e per la popolazione del vicino centro abitato di Taranto e, eventualmente, di altri viciniori, con particolare, ma non esclusivo, riguardo a benzoapirene, Ipa di varia natura e composizione nonchè diossine, pcb, polveri di minerali ed altro”, la risposta è affermativa.

Quesito n. 2 – Per quanto riguarda il secondo quesito concernente “se i livelli di Diossina e Pcb rinvenuti negli animali abbattuti, appartenenti alle persone offese indicate nell’ordinanza ammissiva dell’incidente probatorio del 27.10.2010, e se i livelli di Diossina e Pcb accertati nei terreni circostanti l’area industriale di Taranto, siano riconducibili alle emissioni di fumi e polveri dello stabilimento Ilva di Taranto, la risposta è affermativa.

Nella relazione si specifica che “l’esame dei profili (fingerprints) dei congeneri PCDD/PCDF e PCBdl, analizzati in dettaglio nel capitolo II, par. 4, a cui si rimanda, ricontrati nelle matrici suolo, aria ambiente e bioindicatori prelevati nelle aree urbane, agricole e i terreni adiacenti l’insediamento Ilva Spa ha evidenziato un’elevata correlazione tra i profili riscontrati nei campioni prelevati presso lo stabilimento di Ilva Spa, area agglomerazione, quali quelli delle polveri abbattute dagli elettrofiltri ESP e MEEP e quelle prelevate nei campionamenti ambientali effettuati in prossimità del reparto, risultando invece meno evidente il contributo di quanto emesso in atmosfera dall’emissione E312 AGL2, in quanto caratterizzato da profili di congeneri PCDD/PCDF diversi”.

Inoltre si legge che “I risultati illustrati nel capitolo II par. 4, a cui si rinvia, portano pertanto a ritenere che i terreni agricoli indagati, utilizzati per il pascolo ed altre attività agricole, siti in aree adiacenti allo stabilimento Ilva spa, risultano contaminati da PCDD/PCDF e PCBdl emessi dall’attività di sinterizzazione presente nello stabilimento”. Qualche riga dopo si afferma: “pertanto, pur nella cautela che i limiti della conoscenza scientifica e sperimentale in questo caso pongono, si ritiene ragionevole affermare una correlazione preferenziale dei contaminanti riscontrati nei tessuti e negli organi animali esaminati con i profili di congeneri di PCDD/PCDF riscontrati nelle emissioni diffuse da ILVA spa“.

Quesito n. 3 – Per quanto riguarda il terzo quesito concernente “se all’interno dello stabilimento Ilva di Taranto siano osservate tutte le misure idonee ad evitare la dispersione incontrollata di fumi e polveri nocive alla salute dei lavoratori e di terzi”, la risposta è negativa.

Si legge, infatti, che “numerose e varie sono le emissioni non convogliate che si originano dai diversi impianti dello stabilimento Ilva”. A supporto di ciò vengono riportati i risultati dei monitoraggi e dei prelievi condotti all’interno dello stabilimento, di materiale massivo (depositi di materiale disperso e residui depositato su impianti e pavimentazioni) ed aria ambiente, che “dimostrano la presenza significativa di sostanze pericolose e metalli nelle emissioni diffuse incontrollate dall’attività produttiva”.

Quesito n. 4 – Per quanto riguarda il quarto quesito concernente “se i valori di emissioni di diossine, benzoapirene e ipa di varia natura e composizione, pcb, polveri minerali ed altre sostanze ritenute nocive per la salute di persone ed animali nonché dannose per cose e terreni (sì da alterarne la struttura e possibilità di utilizzazione), siano conformi o meno alle disposizioni comunitarie, nazionali e regionali in vigore”, si evidenzia che “relativamente alla conformità alle norme nazionali e regionali, i valori misurati alle emissioni dello stabilimento Ilva con gli auto controlli effettuati dal Gestore nell’anno 2010, risultano conformi sia a quelli stabiliti dalle precedenti autorizzazioni settoriali delle emissioni in atmosfera (ex Dpr 203/88) e sia ai valori limite previsti dal recente decreto di Aia del 5/08/2011”.

Si aggiunge che “tali emissioni, però, in considerazione del fatto che, come dettagliato negli specifici capitoli, derivano da impianti dove sono svolte anche attività di recupero, mediante trattamenti termici, di rifiuti non pericolosi, ovvero materie prime secondarie, dovevano essere presidate a partire dal 18 agosto 1999 da sistemi di controllo automatico in continuo dei parametri inquinanti previsti dal DM 5 febbraio 1998, modificato dal DM Ambiente 5 aprile 2006, n. 186 (…)”.

Si spiega, in seguito, che “allo stato attuale alle emissioni derivanti da questi impianti non sono installati i sistemi di controllo in continuo né viene verificato il rispetto dei limiti dei parametri inquinanti previsti dal DM 5 febbraio 1998, tali emissioni non risultano conformi a quanto previsto dalla normativa nazionale in materia di trattamento termico dei rifiuti. Inoltre, poichè ai suddetti camini non sono installati sistemi di controllo in continuo di emissioni, non c’è alcun elemento che dimostri il rispetto dei limiti previsti dall’articolo 216, comma 1, 2 e 3 del D.Lgs. 152/2006 (…)”.

Quesito n. 5 – Per quanto concerne il quinto quesito concernente “se la pericolosità delle singole sostanze, considerando queste nel loro complesso e nella loro interagibilità, determinano situazioni di danno o di pericolo inaccettabili (effetto domino)” data la specifica professionalità dei sottoscritti non si può che rinviare per la risposta allo specifico collegio peritale nominato dal giudice.

Sfogliando la relazione affiorano una serie di criticità. In merito all’area di aggomerazione – fase di processo: sinterizzazione – i periti affermano che “alcune Bat, per motivi differenziati che sono stati specificati dal Gestore in sede di istruttoria Aia, risultano solo parzialmente adottate”. Per quanto concerne le emissioni non convogliate delle acciaierie, “connesse quasi totalmente al fenomeno dello Slopping”, i periti ricordano che esse sono state regolamentate dal 4 agosto 2011 dal decreto Aia che ha prescritto al gestore di eseguire a riguardo due procedure operative. All’atto dell’accertamento tali procedure non “risultavano in atto”.

Ricordiamo ai nostri lettori che gli indagati sono Emilio Riva, presidente dell’Ilva spa sino al 19 maggio 2010, Nicola Riva presidente dell’Ilva dal 20 maggio 2010, Luigi Capogrosso, direttore dello stabilimento Ilva, Ivan Di Maggio, dirigente capo area del reparto cokerie, Angelo Cavallo, capo area del reparto Agglomerato. Le accuse sono disastro colposo e doloso, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, danneggiamento aggravato di beni pubblici, getto e sversamento di sostanze pericolose, inquinamento atmosferico.

Alessandra Congedo

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